Data: 30/06/2005 - Anno: 11 - Numero: 2 - Pagina: 31 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Giovanna Durante (Altri articoli dell'autore)
La buona creanza, si sa, è sempre stata una dote da coltivare e rimane molto apprezzata, a maggior ragione oggi che i rapporti con gli altri sono vari e molteplici; e se viene a mancare il rispetto reciproco e la tolleranza, sorgono e si alimentano conflitti seri anche per motivi futili. Un tempo il concetto di rispetto per il prossimo era molto sentito, specialmente nei piccoli paesi, ma a volte veniva esasperato, tanto da rasentare il ridicolo, almeno per quel che riguarda qualche vecchia espressione popolare. “Cu rispèttu parràndu…” si diceva anticamente quando, nel corso della conversazione, si pronunciava qualche parola allora ritenuta un po’ volgare. (Altri tempi! Oggi le parolacce sono d’uso comune e simbolo di modernismo.) E sin qui niente di strano, ma quando poi capitava di pronunciare il termine maiale, alias “porcu”, o il termine piedi riferito all’uomo, e persino quando si parlava dello “scarpàru”, cioè del calzolaio o ciabattino che fosse, l’intercalare era sempre lo stesso: una formale scusa per ciò che di sgradevole veniva espresso. Ancora oggi capita di sentire qualche anziano che dice: “Accattài u porcu, cu rispèttu parràndu.” (Ho comprato il maiale, con rispetto parlando.) Oppure: “Mi dòlanu i peda, cu rispèttu parràndu.” (Mi fanno male i piedi, con rispetto parlando.) Naturalmente l’interlocutore moderno non associa all’idea di maiale alcunché di indecente se non quella dei tanti bocconcini prelibati che si ottengono dalla carne suina. Il perché della riluttanza degli antichi a nominare il maiale o i piedi stava probabilmente nel fatto che il maiale richiamava alla mente il puzzo del porcile, o il cibo di cui ci si nutre; ed i piedi il non sempre gradevole odore prodotto per effetto delle scarpe. Più rara e comunque molto più infelice risulta l’espressione “cu rispèttu parràndu” nel citare il calzolaio che aveva il solo demerito di toccare con le mani, per ovvii motivi di lavoro, scarpe, zoccoli e stivali, usati sino all’inverosimile, e non sempre puliti. Oggi i piedi della gente sono curati al massimo come ogni parte del corpo; i maiali allevati in paese sono pochissimi ed i vecchi sporchi porcili di un tempo non esistono quasi più, o hanno lasciato il posto a delle “casette” per animali. Il progresso è progresso anche tra i porci! In questa nostra epoca dell’“usa e getta” non esiste più neanche il mestiere del calzolaio, lavoro sicuramente dignitoso e poco remunerativo che nessuno più si sogna d’intraprendere nel mondo dell’alta tecnologia, del non tanto difficile guadagno e dei titoli di studio alla portata di tutti.
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